Da quando non è più in parlamento, mi manca.
Il «profeta» immobile
di Peppino CaldarolaI leader che ha avuto la sinistra corrispondono a tipi umani molto semplici, facilmente interpretabili. Prendiamo gli ultimi. Occhetto è istintivo, geniale e confuso; D'Alema freddo, sicuro di sé, capace di rischiare; Fassino pedante come un prefetto di carriera e indeciso come uno scolaretto. Veltroni rompe gli schemi, è il più sfuggente. Di Veltroni ce n'è più d'uno, quello dal sorriso ampio e dalla commozione facile, ma anche quello che misura le parole, pesa gli amici e li abbandona (la lista è in overbooking), il Veltroni benefattore e il Veltroni vorace, il Veltroni profeta e il Veltroni stratega.
Il «profeta» ha viaggiato in Africa, in Birmania (non più da quando da quelle parti si aggira Fassino), nell'America di Obama e delle ragazze Kennedy. Lo «stratega» fa pensare a quell'uomo politico della Prima Repubblica descritto da Fortebraccio, mitico corsivista dell'Unità, che ascoltando un turista mormorare di fronte al Pincio: «Oh, che bel posto», si lasciò scappare: «Lo prendo io!». In queste ultime settimane il «profeta» e lo «stratega» si sono accavallati in modo da far girare la testa.
Il «profeta» rompe la tregua con Berlusconi e proclama la nuova diversità dei democrats di fronte a un nemico diventato ancora una volta il male assoluto. Lo "stratega" si occupa di Alitalia e Rai con sapiente maestria. Lo "stratega" fra le tre qualità che Von Clausewitz vedeva incarnate nella guerra, «il cieco istinto, la libera attività dell'anima, la ragione politica», sceglie quest'ultima. E la ragione politica gli ha consigliato in entrambi i casi una tecnica militare che comporta l'uso dell'arte della fuga e del colpo di scena.
Alitalia si presenta sulla scena politico-economica alla fine del governo Prodi. L'ex premier, e con lui D'Alema e Bersani, si batte perché la compagnia venga ceduta ad Air France. Veltroni non si impegna. Sindacati e centrodestra si oppongono per ragioni diverse, il progetto di Prodi fallisce. Torna a settembre il caso Alitalia. Si forma la Cai che promette di conservare ad Alitalia il carattere di compagnia di bandiera. Una parte della sinistra protesta, non crede nella scelta di Berlusconi, critica aspramente ma quando il sindacato rifiuta di firmare lo incoraggia a non scegliere il tanto peggio tanto meglio. D'Alema costruisce una piccola montagna di ragioni per spingere la Cgil a firmare.
Veltroni, nel frattempo, è in America e tace. I suoi più stretti collaboratori a mano a mano che le ore trascorrono e il fallimento si avvicina si occupano di indicare nel premier il responsabile del mancato accordo. I pochi giorni che separano dalla data di morte fanno aumentare le pressioni per una soluzione. Parlano tutti, Bersani e D'Alema si sgolano, Veltroni tace. Di ritorno dagli Usa, quando si sta affacciando la soluzione possibile - ingresso minoritario di Air France, firma della Cgil - manda una lettera per chiedere di riaprire una trattativa che altri avevano già aperto. Il caso Alitalia è in dirittura d'arrivo e Veltroni si annette il merito come quel politico di Fortebraccio che disse davanti al Pincio: «Lo prendo io». Geniale.
Stessa trama, altra scena. Siamo in Rai. Da mesi centrodestra e centrosinistra hanno aperto il dossier. La Rai è la cosa che sta più a cuore a Veltroni. La legge dice che il presidente deve essere espressione della minoranza. Nelle segrete stanze di piazza del Nazareno si affacciano molti nomi. Soprattutto uno, Goffredo Bettini, stimato dirigente romano, già presidente dell'Auditorium, collaboratore e mentore di Veltroni. Lo «stratega» non gli dice di no apertamente. Gli fa sapere dalle agenzie di stampa che il presidente non potrà essere un parlamentare o un ex parlamentare. Bettini se ne fa una ragione. Petruccioli no. Con queste premesse il nome nuovo viene cercato e trovato. È Pietro Calabrese, già direttore del Messaggero, di Panorama, della Gazzetta dello Sport e un breve curriculum da dirigente in Rai. Il Pd e Veltroni danno via libera a Calabrese, il centrodestra acconsente. Mentre lo «stratega» è negli Usa a discutere con le ragazze Kennedy, sui giornali escono interviste feroci della veltroniana Giovanna Melandri che spara a zero sull'accordo e silura Calabrese (e Bettini, suo sponsor). Sembra un fuoco di paglia. Che cosa volete che conti la Melandri? Tornerà Veltroni in Italia e metterà le cose a posto. Veltroni torna, parla con Petruccioli, annuncia che parteciperà al convegno di Libertà-uguale, corrente ex migliorista di Enrico Morando, altro suo grande sponsor, in cui milita Petruccioli e fa sapere che il nome Rai su cui punta il Pd non è più Pietro Calabrese ma il sempreverde Petruccioli. Il «profeta» parla immobile alla storia, lo «stratega» ha sempre in testa che deve prendersi il Pincio.
Peppino Caldarola
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