giovedì 26 giugno 2008

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Ansa delle 16.35


Sospensione processi, Mancino: Csm parla con atti ufficiali


ROMA - "Il Csm parla solo attraverso i suoi atti ufficiali, non con personali interpretazioni": lo ha detto, in apertura della seduta odierna dell'Assemblea Plenaria, il Vice Presidente, Nicola Mancino. "Tento di presentare il Consiglio Superiore della Magistratura - ha continuato - come istituzione dialogante che colloquia col Governo corrispondendo puntualmente alle funzioni e alle prerogative che la Costituzione gli assegna. Non ho mai pensato, e neppure Voi, sono convinto e credo, che possiamo essere una terza Camera, come pure qualcuno ci rimprovera: già due - ha aggiunto Mancino - a parità di funzioni sono troppe. Una terza, con 26 componenti per quanto tutti autorevoli, presieduta dal Capo dello Stato è una invenzione di chi non vorrebbe un Csm autonomo, non collegato a maggioranze politiche, che, richiesto o non richiesto fa lo stesso, avanza una proposta in tema di ordinamento e di organizzazione giudiziaria, che formula un parere, ai sensi dell'art. 10 della legge istitutiva del 1958".
MANCINO RIBADISCE RICHIAMO RISERVATEZZA
In apertura della seduta odierna dell'Assemblea Plenaria, il Vice Presidente del Csm, Nicola Mancino ha ha lanciato un nuovo richiamo alla riservatezza e dunque a non rendere dichiarazioni da parte dei singoli a nome dell'intero Consiglio Superiore. "Già nella seduta di ieri - ha ricordato Mancino - ho accennato alle procedure: prevale, certo, nel ragionamento che ho svolto e sto svolgendo, la mia esperienza pregressa: su un argomento si nomina un relatore, il quale espone i punti essenziali, desumibili dalla questione all'ordine del giorno; sulla relazione si apre un dibattito, al termine del quale il relatore, se le opinioni espresse lo trovano concorde, presenta una ipotesi di risoluzione, su cui il plenum è chiamato ad esprimersi". "Se si rovescia l'impostazione - ha spiegato Mancino - non potremo evitare che una bozza di risoluzione, unilateralmente elaborata, si trasformi o venga fatta passare come la risoluzione definitiva, del resto, è avvenuto anche in questi giorni". "Torno a chiedere riservatezza: ieri ho parlato con toni alterati, e per fortuna (lo stile conta!) eravamo a seduta già tolta. Voglio precisare - ha specificato Mancino - che mi sono rivolto al Consigliere Roia avendo presente solo la dichiarazione da lui resa sabato scorso a Milano, ma non per rimproverargli d'aver diffuso il testo della bozza. Io non so chi l'ha diffuso. Qualcuno, però, l'ha fatto. Ora io chiedo al Consigliere Berruti, che è Presidente della Seconda Commissione, di disciplinare la riservatezza di cui devono essere circondate le discussioni in Commissione, e le eventuali sanzioni da adottare in caso di violazione". "Non se ne può più - ha proseguito - di questa prassi di far dire ai nostri atti o ai nostri documenti non il loro contenuto ma l'interpretazione che qualcuno vuole loro dare. Non posso nascondervi d'aver avuto una tentazione dovuta alla sensazione che, per quanto tu possa lavorare, studiare, approfondire, se il contesto continua ad andare a ruota libera, c'é una sola strada. Gli uomini, per me - ha concluso Mancino - sono tutti necessari, ma nessuno, proprio nessuno, è indispensabile".
BERSELLI, MANCINO SI DIMETTA DOPO INDISCREZIONI
"Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino deve trarre le conseguenze di quanto sta succedendo e si deve dimettere. Sarebbe un atto dovuto di elementare sensibilità istituzionale". Il presidente della Commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, se la prende con il vicepresidente del Csm per la fuga di notizie sulla bozza di parere negativo del Consiglio alla norma che blocca i processi, inserita nel decreto sulla sicurezza, considerata come "un'amnistia occulta". Berselli spiega che il problema non è "il merito del parere che è legittimo ed è previsto da una legge dello Stato del 1958" ma "le indiscrezioni che trapelano riportate da tutti i giornali che - precisa Berselli - screditano direttamente il presidente del Csm che è Capo dello Stato e ha la funzione di promulgare le leggi". "Si tratta - sostiene il presidente della Commissione Giustizia del Senato - di un atto di assoluta, gravissima scorrettezza istituzionale verso il Quirinale".Il presidente della Commissione Giustizia del Senato spiega che non gli basta apprendere dai giornali che "Nicola Mancino è infuriato per le indiscrezioni" finite sulle stampa e che "a questo punto deve trarre le conseguenze istituzionali" perché ha la responsabilità del Csm. "Lo screditamento in atto del Capo dello Stato - sostiene Berselli - non può lasciare indifferente Mancino e non basta che dica, come scrive qualche giornale 'se continua cosi' me ne vadò". "Che vuol dire 'se continua cosi' - commenta Berselli - non si può accettare un simile andazzo e attendere una prossima situazione, le dimissioni a mio avviso le deve dare subito". "Peraltro - osserva il presidente della commissione Giustizia del Senato - queste indiscrezioni non mettono in difficoltà la maggioranza, visto che il parere che viene dato per legge al ministro non è vincolante. Ma mettono in difficoltà il Quirinale perché non viene garantito il principio di riservatezza del Csm". "E se non viene garantito questo principio di riservatezza, che ci sta a fare Mancino?" insiste Berselli.

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