Ho trovato molto interessante questo editoriale di Piero Ostellino, ringrazio Camelot per la segnalazione
di Piero Ostellino
In un’intervista pubblicata ieri dal Corriere, l’ex magistrato ed esponente del Partito democratico, Luciano Violante, mette il dito in una delle piaghe del nostro ordinamento: «In Italia, l’azione penale è obbligatoria solo formalmente ma, in realtà, è lasciata alla discrezionalità dei singoli magistrati». Detto con altre parole: i magistrati perseguono selettivamente chi vogliono, secondo criteri soggettivi che rischiano di tracimare nell’arbitrio. Prosegue, infatti, Violante: «E’ giusto, quindi, affrontare il problema della priorità nella trattazione dei processi, ma il potere politico non può sospendere i processi in corso». Detto con altre parole: una legge che regoli il flusso dei reati da rinviare a giudizio è necessaria. Ma un clamoroso esempio di «distorsione da discrezionalità » lo offre, quasi contemporaneamente alle parole di Violante, L’Espresso oggi in edicola, che pubblica le intercettazioni di alcune delle ben novemila (9000!) telefonate depositate nell’inchiesta napoletana. In realtà, i Pm napoletani non le hanno depositate tutte perché le hanno ritenute non rilevanti e successivamente destinate, scrive il settimanale, alla distruzione, ma molte sono finite nella disponibilità dei giornalisti. I quali, pur pubblicandole — un giornale non deve preoccuparsi se sia giusto o no pubblicare un documento giudiziario che gli è pervenuto, purché la legge sia rispettata—correttamente mette in luce il carattere anomalo della situazione.
L’intervento di Violante sul Corriere e la cronaca di una sfuriata ai magistrati del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, pubblicata dalla Stampa — «Parlate troppo con i giornalisti. Volete sempre apparire» — si inquadrano nel dibattito in corso sui recenti provvedimenti sulla Giustizia in merito al quale è, forse, utile fare qualche distinzione. I problemi giudiziari di Silvio Berlusconi-padrone- di-Mediaset riguardano lui solo e stanno tutti negli atti processuali. I rapporti fra il capo del governo- chiunque-egli-sia e l’ordine giudiziario riguardano lo Stato. Sono una questione istituzionale della quale si deve occupare la politica. Ha sbagliato, dunque, Berlusconi ad andare a parlare dei suoi problemi personali all’assemblea della Confesercenti. Fa tutta la differenza fra un imputato, preoccupato della propria sorte, e uno statista, sensibile al corretto funzionamento dello Stato. Sbaglia anche Antonio Di Pietro, ignorando i rapporti fra esecutivo e giudiziario per concentrarsi unicamente sui problemi personali di Silvio Berlusconi. Fa tutta la differenza fra un uomo politico, attento agli interessi del Paese, e un poliziotto sensibile al tintinnare delle manette.
Dei rapporti fra esecutivo e ordine giudiziario si sta occupando, invece, con equilibrio e saggezza, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Ne parlano, sia pure con toni diversi, ma con non minore equilibrio istituzionale, sia Violante, sia Mancino. Quest’ultimo mette il dito nella piaga di un’altra anomalia del nostro ordinamento. E’ stata depositata da due consiglieri una bozza di parere che è già in discussione nella Sesta commissione e che il Csm dovrebbe discutere pubblicamente e votare la settimana prossima. Parla di «incostituzionalità» del decreto governativo sulla sospensione dei processi.
Ora, non si capisce chi dia il diritto al Csm di dire che una norma emanata dal Parlamento è incostituzionale. Non c’è un solo articolo della Costituzione che attribuisca al Csm un preventivo controllo di costituzionalità sugli atti parlamentari; controllo che, se mai, spetta al presidente della Repubblica con veto sospensivo, comunque superabile da un voto parlamentare a maggioranza semplice. Così, Mancino sbotta: «Capisco che si scriva di una norma che è inappropriata. O irragionevole. Ma che c’entra la Costituzione?». Aggiunge Violante nell’intervista citata: «...non è scandaloso che ci siano forme di garanzia temporanea per alcune cariche istituzionali». A certe condizioni, tutte da discutere. Aveva scritto il Financial Times qualche giorno fa: «Spagna, Francia, Germania e altri Stati hanno una qualche forma di immunità (...) Lo scopo dell’immunità non è quello di consentire agli eletti mano libera. Bensì quello di proteggere il diritto degli elettori di farsi governare da coloro che hanno democraticamente scelto. Le accuse a Berlusconi derivano da un sincero desiderio di giustizia o dal tentativo di una parte dell’elite italiana di capovolgere una scelta elettorale che non accetta?». Questo — al di là dei personali problemi giudiziari di Berlusconi—è parlare di rapporti fra potere esecutivo e ordine giudiziario. E’ politica. «Il resto — come dice Violante, riferendosi a Di Pietro—è demagogia»
27 giugno 2008
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