Questo post, apparso ieri sul blog di camelotdestraideale.it, fa riflettere (anche se il linguaggio e il tono non sono i soliti che trovate sul nostro blog) e merita di essere letto :
Giuliano Ferrara capisce di politica, quanto Paola Binetti di fellatio.
Il direttore del Foglio, infatti, è un inqualificabile utopista. Uno “scollato” dalla realtà, uno che nemmeno per idea sa quali drammi veri gli italiani vivano (e quali priorità essi abbiano).
D’altra parte: da circa 45 anni campa di politica. Con la politica.
Lui ha le spalle coperte, sempre. E il portafogli pieno.
Che gli italiani non arrivino - con lo stipendio - a fine mese: cosa cazzo volete che gliene fotta? E’ una questione troppo “pacchiana”, perché lui possa occuparsene.
Inoltre.
E’ venuto su con la spocchia e lo snobismo - mai persi - dei bolscevichi. Ha lavorato con la “tessera di partito”. Con “le” tessere di partito.
Visto che ne ha cambiate molteplici. Troppe, per poterlo giudicare una persona seria e affidabile (stesso discorso vale per Ferdinando Adornato).
Ed è sempre stato lì dove era giusto essere. Magari arrivandovi un attimo prima degli altri.
Giuliano Ferrara è una bussola vivente.
Una bussola orientata unicamente verso il politicamente corretto.
Tutta la sua vita, infatti, nient’altro è stata che una ricerca costante della dimensione politica e culturale, più à la page.
E si sa, le mode cambiano. Così come ciò che è politicamente corretto (o conveniente, che è la stessa cosa). Changez la femme.
Ad esempio.
Pasciuto ad “antifascismo militante e acritico”, s’è svegliato un giorno e s‘è messo a frequentare “li meglio fasci“. Certo, dopo che Berlusconi glielo aveva ordinato.
Fino al giorno prima - quando dalla sua chioma lunga e scomposta, scivolava olio rancido -, Ferrara era un katanga (nei suoi discorsi).
Il giorno dopo - passando per qualche doccia, uso di shampoo e barbiere berlusconiano -, s’intratteneva con Pietrangelo Buttafuoco. Il “fascio”.
Perché una cosa gli va riconosciuta: Ferrara è sempre più realista del (suo occasionale) Re!
Quando s’innamora di un Principe - lui che crede d’essere Machiavelli, e non ha contezza, invece, d’essere un Goria visibile, nella migliore delle ipotesi -, si spinge ben oltre le “indicazioni” che gli vengono fornite.
Il Capo dice 10, lui allora afferma 100. Pensando di fare cosa gradita.
Ma sbaglia, puntualmente.
E così, visto che da qualche tempo ha trovato riparo all’ombra del “pensiero forte” - perché oramai la passione per il Principe Berlusconi, è un ricordo quasi sbiadito -, ha ritenuto opportuno di dare voce a quello stesso pensiero.
Mediante una lista civett(uol)a.
Ma - difettandogli pragmatismo, concretezza e conoscenza della realtà -, ha fatto il passo più lungo della gamba, come suole dirsi.
E così gli sono piovute addosso critiche fortissime.
Da chi lamenta - i leader del centrodestra -, che questo non sia un momento adatto per discutere di argomenti che dividano (il rischio serio - serissimo - è che si perdano consensi. Voti!).
E da chi - vivendo all’ombra di quello stesso “pensiero forte”, in qualità di dominus -, ha intravisto nell’operazione che Ferrara sta conducendo, la possibilità di un danno inimmaginabile, gigantesco alla “causa cristiana”.
Così Davide Rondoni - su Avvenire - ha commentato la decisione di Ferrara:
“Finisce per portare in modo sbagliato in mezzo alla competizione elettorale un tema morale”.
E il rischio - che il sottoscrivo condivide appieno -, è quello:
“Di estremizzazione e di ghettizzazione di una parte del mondo cattolico su un tema così delicato”.
Ancora più “politico” - e dunque realista e intelligente -, è stato il commento all’iniziativa del direttore del Foglio, formulato dall’ex presidente della Compagnia delle Opere, Giorgio Vittadini:
“Quando si sono tradotti i principi morali in battaglie frontali, fino al referendum sull’aborto, ovunque si è persa la battaglia”.
Ovvio, per chiunque capisca di politica.
Dunque non per Ferrara e per i cattolicisti che lo seguono.
D’altra parte gli utopisti producono sempre danni.
Innanzitutto alla causa per cui combattono.
Talchè Ferrara e i suoi accoliti, non immaginano nemmeno lontanamente, quale nocumento essi andranno a produrre a carico delle istanze pro life.
Infatti qualunque percentuale di voti, la lista dell’Elefantino dovesse ottenere: sarebbe comunque modesta. Comunque bassa.
Se anche dovesse raggiungere un livello di consensi impossibile, diciamo il 10%: sarebbe comunque una clamorosa sconfitta per le istanze antiabortiste!
Perché il giorno dopo, i laicisti anticlericali direbbero: “Ecco, vedete: gli antiabortisti sono solo il 10% dell’intero elettorato. Dunque, la stragrande maggioranza degli elettori/cittadini, vuole che tutto rimanga come è ora”.
Possibile che Ferrara e i fanatici cattolicisti che lo seguono - fanatici almeno quanto i laicisti anticlericali di cui sopra -, non se ne rendano conto?
L’unica cosa saggia che i pro life possano fare: è di attivarsi affinché Ferrara rinunci a presentarsi alle elezioni!
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domenica 24 febbraio 2008
Avvenire e Giorgio Vittadini contro la “lista civetta” di Giuliano Ferrara
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