lunedì 17 dicembre 2007

Dal Consiglio Nazionale UDC

Il discorso di Cesa

Care amiche, Cari amici,

quest’importante Consiglio Nazionale cade in una fase politica estremamente delicata, in cui si sommano almeno tre elementi di grande rilievo: le condizioni sempre più critiche della maggioranza di governo, il confronto sulle riforme, lo stato di crisi generale del Paese e di impoverimento delle famiglie, che rappresenta per l’UDC il principale motivo di allarme.

In questa situazione, come ho spiegato nella lettera che vi ho inviato qualche giorno fa, ho ritenuto necessario che il nostro partito facesse chiarezza per eliminare ogni possibile zona d’ombra sulla direzione di marcia per i prossimi mesi.

Di qui la decisione di convocare questo Consiglio Nazionale e di azzerare gli incarichi di vertice.

L’Italia ha bisogno di noi, le famiglie -sempre più vicine a condizioni di vero e proprio disagio economico- ci chiedono azioni concrete e determinate.

Noi abbiamo l’obbligo di rispondere e di non deludere le attese, ma per poterlo fare dobbiamo chiarirci una volta per tutte, senza ipocrisie: incertezze, equivoci e doppi giochi sono inammissibili perché depotenzierebbero l’iniziativa dell’UDC proprio nel momento in cui siamo nelle condizioni di ottenere successi significativi.

Amici, oggi più che mai abbiamo bisogno di muoverci tutti nella stessa direzione e di dare forza e continuità al progetto che abbiamo definito insieme -solo otto mesi fa- nel nostro congresso nazionale.

Il mio non è un richiamo a vincoli di autorità, e lo sapete bene, ma ai valori irrinunciabili della coerenza e della lealtà: chi fa parte della cabina di regia di un partito non può muoversi contro gli interessi di quel partito. E l’UDC non fa eccezione a questa regola.

Personalmente sono convinto che il nostro partito -se saprà superare le difficoltà- sia davvero in grado di raccogliere i frutti di quel che ha seminato.

Da un anno e mezzo diciamo che le spallate non servono e che se è prioritario sviluppare, nelle aule parlamentari, il massimo sforzo per mandare a casa Prodi, è altrettanto doveroso favorire il dialogo sulla riforma elettorale e su un pacchetto minimo di riforme istituzionali, di cui il Paese ha assoluto bisogno.

E vedere oggi che quasi tutte le forze politiche -con qualche ritardo- ci danno ragione, è motivo di grande soddisfazione ma anche monito a non commettere passi falsi.

Direi che abbiamo avuto il merito di indicare alla politica della spallata l’alternativa di un doppio binario: inflessibili con Prodi; disponibili sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, sul modello proporzionale tedesco.

RIFORMA ELETTORALE

Certo, le difficoltà non sono tutte superate, ma è indubbio che la nostra linea, poco a poco, si è saputa imporre e che abbiamo dettato i tempi e i temi dell’agenda politica. Non mi pare poco. Per questo io sono fiducioso su un esito positivo del confronto sulla riforma elettorale. Sarà la forza delle cose a darci ragione.

Se tutte le principali forze politiche hanno cambiato idea e dichiarano oggi di essere disponibili sul modello proporzionale tedesco, noi chiediamo coerenza proprio su questo modello elettorale.

Il sistema tedesco è quello che ha garantito meglio di altri rappresentanza e governabilità e che per questo risolverebbe oggi il problema fondamentale del nostro sistema politico: e cioè la mancanza di stabilità per la non omogeneità delle coalizioni di governo. Ma il modello tedesco, appunto, funziona se è coerente con se stesso. Non si può chiamare tedesco un modello che è a metà con quello spagnolo o con quello francese: quando si parla di riforme, con le parole non si può giocare. Ma qual è la vera questione sul tappeto, il vero rischio che abbiamo dinanzi? Che i due principali partiti cerchino di ottenere -proprio attraverso la riforma elettorale- vantaggi solo per sé.

La tentazione di una legge imbroglio è sempre presente, ma noi diciamo chiaro e tondo a Berlusconi e Veltroni che non la permetteremo. L’Italia non può passare da un bipolarismo forzato a un bipartitismo ancora più pericoloso: sarebbe come cadere dalla padella alla brace. Se è sacrosanto, come anche noi vogliamo, eliminare la frammentazione del sistema politico attraverso una soglia di sbarramento, è altrettanto doveroso garantire la presenza di quelle forze politiche (come l’UDC) che hanno milioni di voti e che sono radicate in tutto il Paese. Tra i grandi partiti e le forze minori ci sono le formazioni intermedie che possono crescere e che hanno pieno diritto di cittadinanza e di tutela.

Formazioni che finiscono per essere garanzia di alternanza, contro i rischi di stagnazione del quadro politico. Come si dice, “competition is competition”.E la nuova legge elettorale deve garantire proprio questo: che ogni partito conti per quel che vale e che ogni singolo voto pesi come un singolo voto, senza trucchi e senza premi. Questo è il pluralismo che noi vogliamo.

Per essere ancora più chiari, passare dagli oltre 30 partiti di oggi a due soli partiti, sarebbe inaccettabile e pericoloso per gli equilibri democratici.

Ridurre invece a sei o sette le formazioni presenti in Parlamento -cosa che il sistema tedesco consentirebbe- rappresenterebbe per il Paese un enorme passo in avanti.

Tutte le aree culturali e politiche verrebbero rappresentate e, al tempo stesso, si aprirebbe la strada ad una vera governabilità, basata su alleanze convinte e non forzate, su vincoli di valori e di programmi e non su convenienze ed interessi di potere.

Ed è proprio su questo fronte che l’UDC deve impegnarsi fino in fondo, affinchè si arrivi finalmente ad una riforma efficace: le premesse e le condizioni ci sono tutte.

Il resto dipende da noi, dalla nostra coesione, dalla nostra determinazione.

Certo il rischio di uno scivolamento verso elezioni anticipate (favorite magari dalla mannaia referendaria) non è scongiurato, ma si è notevolmente affievolito.

Noi -sia chiaro- non temiamo il voto, ma siamo convinti che il Paese abbia bisogno prima di tutto di un nuovo quadro di regole che consenta di passare dalla logica dei cartelli elettorali a quella delle alleanze politiche omogenee. E per questo utilizzeremo tutta la nostra influenza. Il nostro ruolo è stato centrale in questa fase politica sia perché abbiamo dimostrato che la nostra analisi e le nostre previsioni erano le più corrette, sia perché abbiamo proposto per primi le soluzioni che oggi in tanti dicono di condividere.

A chi mi chiede se abbiamo paura dell’intesa tra Berlusconi e Veltroni, io rispondo che siamo stati proprio noi a spingere le principali forze politiche sulla via del dialogo: chi è convinto delle proprie idee e delle proprie proposte, chi sa di poter incidere sulla realtà, non ha certo paura del confronto. Ma, al tempo stesso e con la stessa determinazione, io dico che non ci faremo incastrare in una morsa che serva solo a tutelare gli interessi di Forza Italia e del Partito Democratico.

Che Berlusconi e Veltroni cerchino un’intesa va benissimo, ma devono farlo nell’interesse del paese e non per il proprio tornaconto. Questo non è ammissibile e non avverrà.

Come credo emerga chiaramente dal completo isolamento di Forza Italia rispetto a tutti gli altri partiti del centrodestra.

PROBLEMI INTERNI

Questo Consiglio Nazionale, come ho già detto, deve servire a chiarire una volta per tutte dinamiche e rapporti interni al nostro partito, a ridare, tutti insieme, slancio ad un’azione politica che proprio dall’interno dell’UDC viene troppo spesso frenata.

Nelle ultime settimane qualche amico ha preferito gli organi di informazione a quelli di partito per farci conoscere i propri orientamenti, i propri contatti esterni, l’intenzione di aderire a nuovi, fantomatici partiti o di stringere rapporti -autonomamente- con altre forze politiche estranee alla nostra tradizione.

Il tutto condito da una serie di contestazioni al vertice dell’UDC che mi sembrano del tutto inconsistenti. Si contesta, ad esempio, un basso livello di democrazia interna al partito: è una critica, cari amici, che non posso accettare.

Il nostro è l’unico partito italiano che ha avuto una lunghissima e faticosissima stagione congressuale, ormai alle battute finali, che ha coinvolto decine di migliaia di iscritti e dirigenti, con qualche inevitabile coda polemica che non altera, tuttavia, il significato complessivo di una grande prova di confronto democratico.

Il nostro è anche il Partito che, dal Congresso Nazionale in poi, ha riunito più di ogni altro gli organismi di vertice, dalla Direzione al Consiglio Nazionale all’Ufficio Politico, all’Esecutivo. Insomma, le occasioni di confronto non sono certo mancate. Così come non è mai venuta meno, da parte mia, la capacità di ascolto delle esigenze di tutti. Come tutti i segretari provinciali sanno, la porta del mio ufficio è sempre aperta e i miei cellulari sono sempre attivi, sabato e domenica compresi.

E poi, in tutta onestà, vorrei sapere perché la contestazione al nostro modo di intendere la democrazia interna ed il coinvolgimento degli organi di partito non è arrivata quando ho deciso -insieme a Casini e Buttiglione- chi dovesse assumere cariche istituzionali al Senato e chi dovesse presiedere l’unica commissione parlamentare che ci è stata riservata in questa legislatura. Io non rinnego ma rivendico quelle scelte, e difendo a testa alta ogni decisione assunta. Ma non posso evitare di rispondere a chi alza il vessillo delle garanzie democratiche a fasi alterne, secondo questo schema: se una scelta ti premia è democratica e va bene, se una scelta non ti premia non è democratica e non va bene.

Questa amici dell’UDC non è logica democratica, questa è la logica del potere, delle convenienze personali e della doppia morale. Io non ci sto, non l’accetto e chiedo il vostro sostegno per continuare ad operare senza ipocrisie. Altra contestazione di comodo, che ogni tanto si riaffaccia, è quella di una eccessiva personalizzazione del partito, imperniata sulla figura di Casini.

Su questo punto voglio essere estremamente chiaro: noi dobbiamo essere grati a Casini per quello che rappresenta nella politica italiana, per quello che ha fatto e fa per l’UDC, per come riesce a rappresentarci nella società italiana. Grati con i fatti, non a parole, se poi le parole vengono contraddette e smentite dalle azioni reali. La leadership di Casini non è frutto di intese a tavolino o di prevaricazioni.

La leadership di Casini è stata costruita sul campo, è una leadership di fatto, riconosciuta e consolidata dagli elettori per la qualità delle proposte e le capacità personali, che l’amico Pier, ha saputo dimostrare sia a livello politico, sia a livello istituzionale.

Non bisogna essere politologi o docenti di scienze della comunicazione per sapere che oggi - con questo sistema politico - gran parte delle fortune di un partito dipendono dalla forza e dalla popolarità delle leadership.

Per questo abbiamo fatto bene (perché -ricordo a tutti- siamo stati noi a chiederlo) quando abbiamo sollecitato Casini ad associare il suo nome al simbolo dell’UDC. Allora nessuno contestò questa scelta perché a tutti noi faceva comodo, per garantire i nostri seggi in parlamento.

I 2 milioni e 600.000 voti raccolti nelle elezioni del 2006 (e cioè il risultato più alto che abbiamo mai raggiunto) dipendono in buona parte da questo, e credo ci indichino la strada anche per il futuro.

La prossima volta, lo spero vivamente, le cose saranno diverse.

La riforma elettorale, con la possibile reintroduzione delle preferenze, costringerà tutti a procurarsi i voti necessari, uno ad uno, senza contare sull’aiuto degli altri.

Per questo invito tutti i parlamentari (regionali, nazionali ed europei), e tutti noi a darci da fare sin da ora sul territorio: ci ritroveremo già tutti allenati.

Eppure, amici dell’UDC, il vero pericolo che questo Consiglio Nazionale deve scongiurare è di collocare il nostro partito in una sorta di limbo, in una posizione politica incerta che scoraggia i nostri elettori e disorienta i nostri dirigenti.

Il motivo più profondo della riunione di oggi è proprio questo, e la lettera che vi ho inviato con l’annuncio dell’azzeramento degli incarichi, parte da questa preoccupazione.

Io mi sono sforzato, dal Congresso nazionale in poi, di mantenere il partito sui binari della coerenza e della continuità rispetto alle scelte che tutti insieme abbiamo maturato e sottoscritto in quella occasione.

Scelte, analisi e proposte che oggi trovano piena conferma.

Altro che assenza di linea politica -amici dell’UDC- la nostra linea è talmente chiara e forte che si è imposta a tutti e contro tutti.

Qualcuno di noi, forse, non se l’aspettava, ma è andata esattamente così, se è vero che anche i principali organi di informazione dedicano sempre più editoriali (positivi o negativi che siano) alle iniziative politiche sviluppate, al centro, dall’UDC.

E proprio per questo, proprio perché le nostre previsioni e proposte cominciano a realizzarsi, e si materializza la riforma proporzionale sul modello tedesco che abbiamo difeso spesso da soli, non posso accettare che qualcuno cerchi di bucare le gomme dell’UDC e di farci uscire fuori strada.

L’ho detto e lo ripeto: per me la linea del Congresso rappresenta un vincolo morale prima che politico, perché è una linea alla cui definizione hanno partecipato più di 200.000 iscritti e oltre 1.600 delegati. A loro dobbiamo chiarezza e coerenza.

E per il rispetto che meritano le donne e gli uomini dell’UDC, bisogna impedire di dare l’impressione di un partito fuori controllo, fuori rotta, in preda ad una lotta tra correnti che vanno ognuna per proprio conto.

Noi abbiamo il massimo rispetto per le idee e per chiunque -attorno alle idee- voglia costruire dibattito e consenso, ma non possiamo tollerare e non accetteremo protagonismi esasperati e confusi che nulla hanno a che fare con la linea del congresso.

A nessuno, nell’UDC, è consentito costruire un partito nel partito, in grado di operare al di fuori delle indicazioni, delle regole e dei nostri organi di indirizzo politico.

Quando io e Casini siamo andati da Berlusconi lo abbiamo fatto per concordare una comune strategia dell’opposizione sull’emergenza sicurezza e – diciamolo chiaramente - per togliere al Cavaliere e alla Lega l’esclusiva delle critiche a palazzo Chigi. Qualcuno ci ha contestato. Salvo poi a scoprire che cercava disperatamente un invito a colazione (guarda caso) proprio da Berlusconi, a via del plebiscito o in Sardegna, poco importa. Con questi metodi non si va lontano. Vedete, quando sono in giro per l’Italia, il popolo UDC mi chiede sempre le stesse cose: garantire coesione, garantire coerenza, garantire chiarezza di posizione e di linea. E’ un impegno che intendo onorare fino all’ultimo giorno della mia segreteria.

E che non consento a nessuno di mettere in dubbio.

PARTITO DELLE LIBERTA’

Vedete, amici del Consiglio Nazionale, che Berlusconi lanci l’idea di un nuovo partito è assolutamente legittimo. Quello che è inaccettabile è che cerchi di portarlo, prima ancora che nasca, in rotta di collisione con le altre forze del centro destra. E’ un modo di fare politica che non ci appartiene.

Per noi la politica che vince è quella che propone soluzioni ai problemi e non quella fatta per distruggere gli altri. Dopo il tentativo di spallata a Prodi, Berlusconi ha cercato di dare una spallata ai suoi alleati, ma non ci è riuscito. Tutti i sondaggi dicono che sta avvenendo il contrario:Forza Italia cala, noi la Lega e Alleanza Nazionale cresciamo. Ma non vi dice nulla, amici dell’UDC, il fatto che Bossi, Fini e noi abbiamo avuto -senza nessuna consultazione- la stessa reazione, che ci siamo sentiti cioè tutti aggrediti?

Per le forze politiche del centro destra, la partita che si sta giocando nei confronti di Forza Italia è una partita di sopravvivenza.

Se noi crediamo in quello che siamo non possiamo cedere a chi propone un partito populista, demagogico, privo di un programma, privo di regole e privo di una classe dirigente.

Un partito che propone una sola certezza - Berlusconi leader - e un solo meccanismo di adesione - la capitolazione degli altri.

Per questo è inaccettabile che attraverso i giornali qualche amico abbia annunciato di aderire a questo partito fantasma e che poi sia tornato precipitosamente sui suoi passi.

Sia chiaro a tutti: l’UDC è un partito che non consente doppie tessere e doppie appartenenze.

Chi se ne vuole andare, può farlo, sicuramente ci dispiacerà, ma può farlo.

L’unica cosa insostituibile è il nostro rapporto con gli elettori che ci hanno dato fiducia.

Anche perché mi pare che davanti all’ufficio tesseramento del Partito del Popolo non ci sia nessuna fila. Al momento, come dimostrano i casi di Adornato, Sanza e altri da un progetto così confuso e incerto c’è piuttosto chi preferisce prendere le distanze.

Noi, in quella casa, di certo non ci andremo.

Perché non è la nostra casa e perché noi siamo orgogliosi di essere un’altra cosa.

Berlusconi propone una sorta di annessione senza mettere in discussione il proprio ruolo né quello di Forza Italia.

Insomma, da una parte chi è con lui, dall’altra chi è contro di lui.

E’ una visione manichea della politica che non può interessarci, perché esce completamente al di fuori dei percorsi e dei riferimenti al Partito Popolare Europeo che rappresentano la stella polare dell’UDC.

E chi non condivide questa impostazione non può certo ricoprire incarichi di responsabilità ai vertici del partito.

COSA BIANCA

Ma c’è anche un altro fronte aperto, al nostro interno, rispetto al quale è necessario fare subito chiarezza.

Lo chiamerò, per comodità, il fronte della “Cosa bianca”, anche se credo che si tratti della definizione più infelice che si possa dare ad un progetto politico.

Parlare di “cosa bianca” evoca la nebbia, e nella nebbia ogni contorno si perde e ogni progetto si scolora.

Amici, i casi sono due.

Se si intende parlare seriamente e responsabilmente di come costruire, attorno e oltre l’UDC, una nuova casa dei moderati, non si fa che rilanciare la scelta del nostro congresso.

E’ in quella sede, infatti, che l’UDC ha deciso di diventare il motore di una nuova area politica nella quale chiamare a raccolta -attorno a se- tutti coloro che in Italia interpretano la moderazione come strumento di governabilità e di equilibrio.

Su questo fronte, amici dell’UDC, non ci sarebbe nulla di nuovo e chi sollecita in buona fede il rilancio delle scelte congressuali, ha tutta la mia comprensione e il mio apprezzamento.

E voglio ribadire che il lavoro che io, Pier e molti altri, in questo periodo, abbiamo tenacemente, costantemente e senza clamori portato avanti va proprio verso questa direzione: il raggiungimento di questo obiettivo.

Molto diverso, invece, sarebbe indicare strumentalmente la “cosa bianca” come elemento per disgregare e annullare l’UDC, oltretutto senza avere nemmeno il riferimento di una legge elettorale nuova e ben definita.

Quello che abbiamo deciso nel congresso è che l’UDC debba muoversi con grande disponibilità, aprirsi e cercare, nei tempi e nei modi più opportuni, nuovi terreni di aggregazione, guardando più alla gente comune che alle nomenclature politiche. Noi abbiamo deciso di evolverci e non di annullarci, di esaltare e non sottovalutare la nostra identità, la nostra forza elettorale, il nostro ruolo, nella certezza che senza l’UDC al centro non si costruisce nulla di buono né di solido.

Formare un’alleanza su persone e non su programmi non servirebbe a nulla ; introdurre forzatamente -in uno stesso contenitore- personaggi politici a corto di credibilità o addirittura incompatibili con il comune sentire dei nostri iscritti e dei nostri elettori, sarebbe altrettanto sbagliato.

Così come sarebbe sbagliato, lo ripeto, immaginare la nuova casa dei moderati come uno strumento per traghettare l’UDC verso il centro sinistra. Con me, statene certi, non avverrà.

La nostra collocazione, fissata dal Congresso, è chiara : noi siamo alternativi alla sinistra e non potrebbe essere altrimenti visto come questa sinistra sta lavorando, visto come questa sinistra sta minando in modo devastante i principi e i valori nei quali noi fermamente crediamo, quali la difesa della famiglia, il diritto alla vita, il rispetto per l’ambiente e la dignita’ della persona, la bioetica.

Ed anche per questo che siamo e saremo sempre in competizione e in concorrenza con il Partito Democratico, esattamente come il Partito Popolare Europeo è in competizione e in concorrenza con quello Socialista.

In questa fase politica, più che volare con la fantasia, dobbiamo restare con i piedi per terra e concentrarci con tutte le forze su un risultato che è finalmente a portata di mano e che determinerebbe una profonda ridefinizione del bipolarismo italiano: la riforma elettorale, madre di tutti i cambiamenti.

Fermarci o metterci fuori strada da soli sarebbe assolutamente insensato e imperdonabile.

GOVERNO PRODI

Ma come ho già detto, la nostra disponibilità a dialogare sulle riforme non deve essere confusa con il nostro ruolo di opposizione fermissima al governo Prodi.

Noi non abbiamo fatto e non faremo mai sconti al centrosinistra.

Noi continueremo, al contrario, a fare di tutto per mandare a casa un governo che sta letteralmente affamando gli italiani.

Insomma, le polemiche che faceva il centro sinistra contro il governo Berlusconi, oggi diventano ridicole.

La sinistra diceva che le famiglie italiane, quando governava il centrodestra, non arrivavano alla quarta settimana del mese.

Noi possiamo rispondere, dati alla mano, che tantissime famiglie italiane, ahimè con il governo di centro sinistra, oggi sognano di arrivare alla terza!

Dai mutui al prezzo del latte e del pane, dai trasporti alle tasse locali cresce tutto tranne il potere di acquisto di lavoratori e ceti medi.

Amici, c’è un dato che mi ha fatto molto riflettere: pochi giorni fa, per la prima volta dal dopo guerra, il reddito pro capite degli spagnoli ha superato quello degli italiani.

E’ l’ennesimo primato negativo del Governo Prodi ed è la prova delle conseguenze pratiche dell’incapacità del governo a risolvere i problemi della gente.

Quando sento dire che noi che facciamo politica parliamo un linguaggio distante dalla realtà, mi sforzo di far capire che non è così e che il legame tra la politica e la società è molto più forte di quel che si creda.

Un governo paralizzato -com’è il governo Prodi- e la mancanza di un quadro serio di riforme istituzionali, impediscono ogni soluzione ai problemi.

E senza risolvere i problemi l’economia si ferma, le famiglie si impoveriscono, le imprese (soprattutto quelle piccole e medie) poco alla volta escono fuori dal mercato.

Ecco dove sta, purtroppo, il legame tra la cattiva politica e l’arretramento generale del Paese.

Bisogna dire, purtroppo, che nonostante i continui segni di cedimento, le prese di distanza e le critiche sempre più dure che arrivano – per ragioni opposte – sia dai moderati dell’unione sia dalla sinistra più estrema, il governo Prodi viaggia sempre sull’orlo del baratro ma non arriva mai ad una crisi formale.

Oramai si procede da mesi in una condizione di perenne pre-crisi.

Questo appunto, deve essere il nostro obiettivo: far esplodere le contraddizioni del centrosinistra, portare a maturazione una condizione di ingovernabilità che è sempre più evidente e sempre più insostenibile.

Prodi ha scelto il profilo più basso dell’autotutela e della sopravvivenza pur di tirare a campare.

Noi dobbiamo snidarlo e fare di tutto per spingerlo verso la crisi.

L’occasione principale potrebbe essere la verifica di maggioranza programmata per Gennaio.

Le forze del centro sinistra ci arriveranno con il coltello tra i denti.

Noi dobbiamo approfittarne per far capite ai partiti più responsabili della maggioranza che Prodi è di ostacolo non solo al buon governo del Paese, ma anche al cammino delle riforme e che è quindi interesse comune -anche e soprattutto del centro sinistra- aprire una nuova fase politica : se va avanti così, quando si voterà -perché prima o poi si andrà a votare- il centro sinistra targato Prodi non è destinato alla sconfitta, ma alla deflagrazione.

E non crediamo proprio che Veltroni voglia affondare senza reagire, trascinato a fondo dal macigno Prodi.

Su queste contraddizioni del centro sinistra dobbiamo lavorare.

CONCLUSIONI

Insomma, amici dell’UDC, le sfide che ci attendono sono davvero impegnative. In gioco -insieme al nostro- c’è il futuro del Paese. E’ per questo, in fin dei conti, che ho voluto questo chiarimento: per difendere i valori che noi rappresentiamo, per combattere il governo Prodi, per sostenere il dialogo sulle riforme e, non ultimo, per ridisegnare l’area moderata del Paese.

Abbiamo bisogno di procedere nella chiarezza, sapendo chi è della partita e chi si chiama fuori, per evitare, soprattutto, il rischio mortale di dare all’esterno l’idea di un partito diviso che non crede più in sé stesso e che non ha una direzione di marcia.

Lo dico a voi, lo dico agli alleati, lo dico ai nostri avversari:l’UDC non è un partito né in vendita né in svendita. Noi siamo qui per guidare il cambiamento della politica italiana e il rinnovamento delle istituzioni.

Noi abbiamo l’ambizione di rappresentare il motore attorno al quale chiamare a raccolta i moderati del Paese per dare loro una voce e una casa.

Non poniamo limiti al futuro, ma posso assicurare che l’UDC non ha alcuna intenzione di suonare il “rompete le righe” e di avventurarsi verso prospettive incerte. All’ambizione bisogna affiancare anche il realismo, per comprendere in che direzione muoversi, in che termini e in che tempi dar vita alle novità che la politica impone e che il nostro congresso ha deciso.

Il nostro è un Partito generoso e tollerante, forse troppo, soprattutto al proprio interno.

L’azzeramento degli incarichi significa questo: che tutti hanno pieno diritto di cittadinanza nell’UDC, ma che non può rappresentare o guidare il partito chi nel partito -con i comportamenti concreti- dimostra di non credere, chi non condivide lo stesso progetto, chi rema contro. Lo dico per rispetto anche nei loro confronti!

Qualcuno, tra noi, ha chiesto maggiore generosità. Sono d’accordo ma bisogna intendersi.

Per me il concetto di generosità non può prescindere da quello di lealtà.

Generosità vuol dire essere sempre disponibili al confronto, essere punto di riferimento per chiunque, nel Partito, chieda ascolto e sostegno.

Generosità vuol dire essere disposti a lavorare nell’ombra, senza risparmiare tempo ed energie, nella convinzione che solo il sacrificio personale può garantire il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che ci siamo dati.

Io, francamente non vedo nulla di generoso nel sollevare continuamente contestazioni, critiche e distinguo rispetto ad una linea politica che si è sottoscritta e che è stata da tutti condivisa.

Così come non vedo nessuna generosità nell’utilizzare i mezzi di comunicazione per gettare ombre, seminare dubbi, disorientare il nostro elettorato e i nostri quadri introducendo suggestioni e prospettive che non sono mai state esaminate e approvate in nessun organo del Partito.

Questa non è generosità, questa è destabilizzazione.

E un partito come il nostro, nella fase politica delicatissima che stiamo vivendo, non può permettersela!

Non vorrei credere che ci sia, tra noi, chi coltiva questo disegno.

Ma io ho il mandato pieno del Congresso a fare esattamente il contrario: rafforzare l’unità del Partito, farlo crescere, rilanciare il nostro ruolo, le nostre proposte, la nostra centralità, per realizzare l’obiettivo di costruire un’area di centro sempre più ampia.

Ebbene, l’elemento di novità che io pongo, con questo Consiglio Nazionale, è che ci serve però un’unità sostanziale e non formale e che i patti sottoscritti tra noi devono essere vincolanti per tutti.

Chi non ci sta, chi non ci crede, lo dica qui, davanti a tutti, e non davanti alle telecamere di qualche talk show o in qualche articolo di giornale.

E -soprattutto- si assuma fino in fondo le proprie responsabilità, così come io ho assunto le mie dinanzi al congresso.

Per tutti e per ciascuno è il momento della chiarezza, della coerenza, della responsabilità e del vero coraggio, quello che dobbiamo avere di fronte a noi stessi e alla nostra coscienza.

Cari amici, questo non significa “militarizzare” il partito o essere autoritari, questo significa essere semplicemente leali, così come io ho dimostrato in tutti questi anni di esserlo con tutti voi.

Cari amici, il tempo delle furbizie è finito. Io intendo interpretare e dar voce ad un progetto politico alto. E chiedo a tutti voi di condividerlo con convinzione o di trarre le conseguenze di scelte diverse, con onestà e lealtà.



(fonte : noipress.it)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma sul proporzionale alla tedesca, se non accettate il vincolo di coalizione (da esplicitare prima del voto, e in modo che sia vincolante) e l'indicazione del premier, non si troverà mai accordo con altri...se invece al riguardo pronunciate parole chiare e accettate le condizioni suddette, l'accordo c'è già...e credo che sia anche maggioritario nel Parlamento...
http://www.camelotdestraideale.it/